“Emergenza Covid-19 e problematiche connesse al pagamento
o al recesso dai contratti per studenti universitari”
In un momento in cui l’emergenza «vera» è quella sanitaria, subito seguita o affiancata da cosa troveremo, in termini di lavoro e mercati, alla riapertura, un dato secondario, ma che inizia a farsi strada nel panorama dei problemi connessi ai contratti di locazione, è la questione degli alloggi affittati dai privati agli studenti universitari i quali, visti i decreti “Io resto a casa”, non solo non possono seguire le lezioni «dal vivo», ma non hanno nemmeno la possibilità-necessità di utilizzare l’immobile affittato per il quale, però, restano obbligati al pagamento dell’affitto.
Il mancato utilizzo, va detto, non dipende da nessuna delle parti contrattuali, né v’è, pur lontanamente, la possibilità di ipotizzare una forma di responsabilità, anche indiretta e senza colpa, in capo al locatore per l’indisponibilità dell’alloggio. Il problema viaggia su due piani differenti: da un lato il provvedimento del Governo introduce un limite straordinario alla circolazione, come alla possibilità di partecipare «live» a lezioni universitarie, che è sicuramente un caso di forza maggiore – e che rimane un provvedimento d’ordine pubblico incontestabile. Dall’altro, sul piano meramente contrattuale, invece, non è cambiato nulla, se non di fatto.
Il contratto è e resta valido ed efficace. Nulla vieterebbe allo studente di vivere nell’immobile locato, anche se logicamente ha preferito rientrare nella casa familiare. Né sono sopraggiunti elementi di fatto e di diritto che lo rendono inutilizzabile o inagibile in quanto tale, cioè oggettivamente. E nemmeno c’è, a qualsiasi titolo, un’azione od omissione da parte del locatore che impedisca allo studente di fruire dell’alloggio.
Si tratta di una scelta, logica per quanto essa sia, ma sempre scelta è.
Le lezioni sono sospese, lo studente non ha al momento alcuna utilità a fruire dell’alloggio preso in locazione, ma nulla vieta, di fatto, che vi abiti ugualmente. Non lo fa per una scelta precisa, comprensibile, ma che rientra nella sua sfera decisionale. Non dipende dalla situazione oggettiva dell’immobile o da qualcosa che il locatore ha o non fatto e doveva o non doveva fare. Il Governo non ha reso «inagibile» l’immobile per legge, ha vietato le lezioni e la circolazione, ma l’immobile resta a tutti gli effetti utilizzabile. Il locatore non ha posto in essere un’azione che ha reso oggettivamente inutilizzabile l’immobile né l’ha sottratto alla libera disponibilità del conduttore. E’ lo studente che, potendo, ha scelto di non usarlo.
Quindi lo studente non potrà in alcun modo sospendere o autoridurre il canone. Potrà proporre al locatore di rivedere, anche solo in via temporanea, l’aspetto economico del contratto, ma si tratta, appunto di una proposta. Così come per il contratto occorre che ci si metta d’accordo in due, lo stesso si deve fare per la sua modifica, che andrà fatta per iscritto. Ed essendo un accordo in riduzione, non sconta né l’imposta di registro né di bollo.
E se non si trova un accordo?
Allora al conduttore non resterà che recedere con effetto immediato dal contratto, eccependo la sussistenza dei gravi motivi ovvero, nel dubbio, attenendosi a quanto prevede l’art. 3 del DM 16/01/2017, che ha introdotto un termine breve per il recesso.
La cosa, però, va gestita in modo corretto
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